mercoledì 16 settembre 2009

14. Gli spagnoli

La crescita economica della Spagna è tale da renderla idonea ad entrare nell’area dell’euro (1998). Sotto il governo di José Maria Aznar (1996-2004), uomo di destra, la Spagna vuole giocare un ruolo di primo piano a livello internazionale e si schiera a fianco degli Stati Uniti nelle guerra contro l’Iraq (2003), ma, a seguito degli attentati terroristici di Madrid (11.3.2004), Aznar accusa un forte calo del consenso popolare e deve lasciare il posto al socialista José Luis Rodríguez Zapatero (17.4.2004), che ritira le truppe spagnole dall’Iraq e s’impegna in una coraggiosa politica tutta orientata alle questioni interne del paese e poco incline a svolgere un ruolo importante nel panorama internazionale. Parità fra i sessi (metà dei ministri parlamentari sono donne), legalizzazione dei matrimoni omosessuali, equiparazione delle coppie di fatto a quelle sposate, snellimento della procedura per ottenere il divorzio, liberalizzazione della fecondazione assistita, apertura alla clonazione terapeutica e all’uso di cellule staminali di origine embrionale al fine della ricerca scientifica, tali sono le iniziative del governo Zapatero, che in più punti sfida le posizioni del Vaticano. Zapatero non potrebbe resistere a lungo all’opposizione della Chiesa se alle misure adottate in campo etico non si accompagnassero buoni risultati sul piano economico e, in effetti, l’economia del paese cresce e la disoccupazione diminuisce. Il governo Zapatero dunque resiste e non solo si distingue agli occhi del mondo per la sua attenzione ai diritti civili, per la sua laicità e per il suo progressismo, ma viene anche apprezzato all’interno, dove, alle elezioni nazionali del 9 marzo 2008, viene riconfermato al potere col 44% dei consensi. Il successo di Zapatero è particolarmente rimarchevole se si pensa al fatto che esso è stato conseguito nonostante l’opposizione della Chiesa e contro la regola che vede generalmente perdenti i governi in carica.

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