mercoledì 16 settembre 2009

01. Le armi di distruzione di massa nel mondo

Dopo la dissoluzione dell’URSS (1991) e la nascita del CSI, l’arsenale nucleare ex sovietico si trova distribuito nei quattro Stati indipendenti di Russia, Kazakistan, Bielorussia e Ucraina. Nello stesso tempo, gli Stati Uniti restano l’unica superpotenza mondiale. “Dall’equilibrio bipolare, fondato sulla competizione fra due blocchi militari equipotenti e contrapposti, si è passati al dominio pressoché incontrastato di un’unica grande potenza, assurta a gendarme esclusivo del mondo” (CURI 1999: 5). Nel 1991 viene firmato il primo Trattato sulla riduzione ed eliminazione di armi nucleari (START I), cui ne seguono altri, miranti al disarmo, ma senza reali conseguenze. In realtà, i progetti di riarmo proseguono, solo che adesso non si punta più sul numero delle armi, che anzi viene ridotto, quanto piuttosto sulla loro qualità.
Nel 2000 si stima che gli USA possiedano oltre 7200 testate nucleari, la CSI 5900, la Francia 460, la Cina 400, Israele 300, la Gran Bretagna 185, l’India e il Pakistan 40. Si sa che in Europa sono dislocate nelle varie basi americane circa 150 bombe atomiche (45 in Germania, 30 in Gran Bretagna e Italia, 15 in Turchia, 10 in Belgio, Olanda e Grecia) e molte di più sono dispiegate nei paesi dell’Est-Europa e della CSI. Le 30 atomiche italiane, tutte almeno 200 volte più potenti rispetto a quelle di Hiroshima, sono divise tra le basi di Aviano (circa 20 bombe) e Ghedi Torre.
Dopo gli attacchi terroristici dell’11 settembre 2001, Bush dapprima si ritira dal Trattato stipulato con Mosca nel 1972 contro lo spiegamento di missili antimissili (12.12.2001), poi annuncia la decisione di dare inizio a tale spiegamento col 2004 (17.2.02). Ma gli altri paesi non si lasciano intimidire e, prima è la Corea del Nord che annuncia di essere in possesso di armi nucleari (2003) e poi è la volta dell’Iran, che proclama al mondo la volontà di procedere in quella direzione (2006). Ai primi di ottobre del 2006, la Corea del Nord esegue il primo test nucleare sotterraneo, mettendo in allarme innanzitutto i paesi vicini, e anche le potenze occidentali, che si sentono minacciate e sono indecise sulle iniziative da intraprendere per scongiurare il pericolo di un uso terroristico dell’arma atomica. Alla fine, sembra prevalere il buon senso, o forse consistenti offerte economiche, e la Corea rinuncia al suo programma (2007).
È difficile determinare il numero delle armi atomiche oggi disponibili nel mondo, perché molte di esse non sono dichiarate. Quello che si sa con certezza è che, benché oggi siano pochi gli Stati che fanno parte del “club atomico”, molti altri (Germania, Giappone, Italia, Spagna, Canada, ecc.) dispongono dei mezzi necessari per dotarsi di un proprio arsenale nucleare e, in un futuro non tanto lontano, praticamente tutti i paesi al mondo potranno fare altrettanto. Non solo: “non si può più neppure escludere che le armi nucleari o i mezzi per produrle possano finire nelle mani di gruppi diversi dai governi legittimi” (HOBSBAWM 1997: 536), terroristi compresi (HUTCHINSON 2003: 186).
Gli arsenali atomici non costituiscono le uniche armi di distruzione di massa: occorre aggiungervi anche le armi chimiche, che, ancora una volta, registrano il primato indiscusso di USA e Russia, e quelle biologiche (batteriche e virali), per le quali, benché, a causa di una Convenzione internazionale che ne vieta il possesso sin dal 1975 (alla quale aderiscono 158 paesi, tra cui tutte le maggiori potenze militari, salvo Israele), non si disponga di dati certi, non è difficile immaginare l’ennesimo primato di USA e Russia. Nel 1997 viene firmata la Convenzione sulla messa al bando delle armi chimiche, ma molti Stati non vi aderiscono.

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